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X-Ray

RAGGI X

I raggi X sono quella parte della radiazione elettromagnetica avente lunghezza d’onda compresa tra 10−8 e 10−12 NanoMetri (nm) che corrispondono a frequenze comprese tra 1016 to 1020 hertz (Hz).


Questo tipo di radiazione può essere assorbita o trasmessa, la quantità di radiazione trasmessa è direttamente proporzionale all’energia della radiazione ed inversamente proporzionale alla densità del materiale analizzato. I materiali risultano così semitrasparenti ed è possibile tramite opportuni sensori acquisire immagini radiografiche.

L’8 Novembre del 1895 il fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen conduceva esperimenti sul passaggio di corrente elettrica in un gas a bassa pressione, notò che uno schermo ricoperto da platinocianuro di bario, che si trovava a distanza dal tubo, si illuminava nonostante il tubo fosse ricoperto da uno strato di cartone nero e qualora il tubo fosse stato spento lo schermo si spegneva anch’esso.

Ripeté più volte l’esperimento con diversi tubi ed interponendo diversi materiali tra il tubo e lo schermo ricoperto di platino-cianuro di bario per capire quali materiali potevano bloccare questi raggi, si rese conto che solo il piombo riusciva a bloccarli, si rese anche conto che una lastra fotografica veniva impressionata in modo indelebile dagli oggetti che venivano frapposti fra il tubo e la lastra fotografica.

Per verificare le sue teorie il 22 dicembre del 1895 chiese alla moglie Berta di mettere la sua mano tra il tubo e la lastra e così si ebbe la prima radiografia nella storia. Röntgen chiamò questi raggi misteriosi “raggi X”.



La comunità medica riconobbe immediatamente l’importanza della scoperta di Röntgen. Nel febbraio del 1896 negli Stati Uniti venne effettuata la prima radiografia a uso clinico per diagnosticare una frattura ossea. Nel 1901 Wilhelm ricevette il premio Nobel in fisica «in riconoscimento degli straordinari servizi che ha reso con la notevole scoperta dei raggi X».

GENERAZIONE RAGGI X

Oggigiorno i raggi X vengono utilizzati in svariati campi della medicina e dell’industria.

I raggi X sono generati in un tubo a raggi X (tubo radiogeno), che consiste di un tubo a vuoto con un catodo ed un anodo.




La corrente nel catodo, dell’ordine di alcune decine di mA, porta il catodo stesso ad incandescenza, il quale per eccitazione termica rilascia elettroni (emissione termoionica), che vengono accelerati verso l’anodo (tipicamente di tungsteno o di molibdeno) da una differenza di potenziale (ddp) dell’ordine delle decine alle centinaia di kV, tra anodo (+) e catodo (-). Gli elettroni colpiscono l’anodo e rilasciano la loro energia producendo calore e raggi X (circa l’1% dell’energia ceduta viene trasformata in RX)

È chiaro l’enorme stress termico a cui l’anodo viene sottoposto, quando è necessario avere tubi particolarmente efficienti l’anodo fisso viene sostituito da uno rotante in modo che l’energia e il calore possono essere distribuiti lungo il diametro dell’anodo posto in rotazione.




La corrente attraverso al filamento di catodo determina il numero di elettroni emessi, la differenza di potenziale tra anodo e catodo determina l’energia dei raggi X prodotti. La produzione di raggi X viene quindi descritta principalmente con due parametri, la corrente espressa in mA e la tensione espressa in kV.

Aumentando i kV diminuisco la lunghezza d’onda della radiazione prodotta e quindi il potere di penetrazione del fascio, aumentando i mA a parità di kV aumento la quantità di radiazione prodotta. La radiazione prodotta al variare dei kV non è monocromatica ma è parte di uno spettro continuo.

Per selezionare una determinata energia oltre al potenziale ai capi di anodo e catodo si deve interporre un filtro all’uscita del tubo radiogeno in grado di tagliare le eventuali radiazioni a bassa energia indesiderate. Queste radiazioni indesiderate compromettono la qualità dell’immagine ed eventualmente in radiologia medica irradiano il paziente senza produrre informazione in quanto completamente assorbite.

Nelle immagini successive lo spettro prodotto da un anodo di tungsteno colpito da elettroni a 50kV, a 100kV e 100kV con un filtro di 4 mm in Molibdeno.


Fig.1 Spettro 50kV


Fig.2 Spettro 100kV


In questo caso, in radiologia medica, supponendo di dover acquisire una parte anatomica piuttosto densa e quindi in grado di assorbire completamente le radiazioni con energie inferiori a 50 keV, è chiaro che tali radiazioni non devono arrivare al paziente e devono quindi essere filtrate con un adeguato materiale ed un adeguato spessore 


Fig. 3 Spettro 100kV 4mm Molibdeno


In questo caso con un filtro di 4mm composto di molibdeno solo la radiazione utile colpisce il paziente.

IMMAGINI RADIOGRAFICHE

In passato le immagini radiografiche venivano prodotte sfruttando lastre fotografiche, ovviamente questo processo risultava estremamente lungo e poco funzionale.

Questi sistemi si sono poi evoluti in pannelli radiografici, che sfruttavano caratteristiche di fluorescenza e di luminescenza di materiali investiti da raggi X. Questi pannelli permettevano multiple esposizioni ma dovevano essere “letti” da appositi scanner laser.

Anche in questo caso la visione dell’immagine radiografica era differita nel tempo 

La necessità di poter vedere immediatamente un’immagine radiografica ha portato allo sviluppo di intensificatori di brillanza 



Fig. 4 Intensificatore di brillanza


L’intensificatore è contenuto in una guaina di vetro (1). L'immagine radiologica viene trasformata in immagine luminosa da un grande schermo fluorescente (2) e convertita poi in immagine elettronica mediante un fotocatodo (3). Gli elettroni vengono accelerati da una differenza di potenziale fra il catodo (3) e l’anodo (5), collimati (4) e proiettati poi su di uno schermo fluorescente piccolo (6) dove si realizza un'immagine molto luminosa. L'immagine può essere rilevata direttamente da una comune telecamera CCD o CMOS.


Infine, i moderni pannelli radiografici sono a tutti gli effetti telecamere in grado di rilevare raggi X, in questo tipo di acquisizione ovviamente non si utilizzano lenti  o intensificatori, il “campione” da acquisire viene messo tra la sorgente, che genera un cono di raggi X, e il pannello che acquisisce la radiazione residua trasmessa dall’oggetto in analisi.

I pannelli hanno tipicamente un’interfaccia di comunicazione basata su protocollo GigE Vision o CameraLink e si interfacciano quindi direttamente con un PC che acquisisce ed elabora le immagini questi tipi di pannelli vengono comunemente chiamati pannelli dinamici.

Vengono tipicamente implementati sfruttando sensori CMOS o pannelli TFT. I pannelli basati su tecnologia CMOS sono di natura più costosi e offrono le migliori performance dal punto di vista di risoluzione e sensibilità. I pannelli basati su tecnologia TFT, provenendo in qualche modo da tecnologia più “consumer” hanno si performance inferiori dal punto di vista della risoluzione e della sensibilità ma il loro prezzo nettamente inferiore rispetto ad un pannello CMOS ne sta garantendo il successo in buona parte delle applicazioni radiologiche


PANNELLI CMOS (complementary metal-oxide semiconductor)

In questi rilevatori il fascio di raggi X incide su uno scintillatore accoppiato con un pannello CMOS. Lo scintillatore converte il segnale da radiazione X a radiazione visibile, il sensore CMOS colleziona la luce così prodotta creando l’immagine digitale. 

Nella figura seguente viene schematizzato un pannello CMOS con scintillatore CsI




A discapito di un prezzo elevato i pannelli CMOS hanno innumerevoli vantaggi rispetto alle altre tecnologie. I principali vantaggi sono un miglior rapporto segnale rumore, ed inoltre la tecnologia CMOS permette design di sensori con pixel size piccoli o estremamente piccoli.

In questo modo è possibile acquisire immagini con un’alta risoluzione spaziale e con dosi di raggi X estremamente basse.


Pannelli aSi (Amorphous Silicon) 

Il silicio amorfo (aSi) è una tecnologia chiave nei display entry level prodotti in grandi volumi, anche in questo tipo di pannelli lo stage di conversione da radiazione X a visibile è simile a quanto viene utilizzato nei pannelli CMOS. 

Il principale vantaggio di un pannello aSi è indubbiamente il suo costo più contenuto rispetto ad uno di pari dimensione CMOS, questa tecnologia ha però svantaggi che possono esser brevemente riassunti in un peggior rapporto segnale/rumore, un limite nel produrre sensori con pixel size inferiore a circa 100um una velocità di readout inferiore ai pannelli CMOS. In qualche modo questi fattori possono divenire limitanti per certi tipi di applicazioni dove è richiesto un alto framerate e/o un’alta qualità dell’immagine anche a basse dosi.

La radiologia medica è estremamente “sensibile” alla dose di radiazione utilizzata in quanto, le radiazioni ionizzanti, possono a lungo andare creare danni alle strutture cellulari. Una tecnologia emergente, che in qualche modo media i vantaggi e i limiti delle due tecnologie appena descritte, si chiama IGZO.


PANNELLI IGZO  (Indium gallium zinc oxide)

La terza alternativa sul mercato sono i recenti pannelli TFT all'ossido di zinco gallio e indio (IGZO). Come i pannelli aSi anch’essi usano fotodiodi ma basati su tecnologia IGZO. 

Questa tecnologia permette di produrre pixel più piccoli, con tempi di readout più veloce, con maggior sensibilità e con rapporto segale rumore migliori rispetto ai corrispondenti aSi. 

A differenza dei pannelli aSi, possono quindi acquisire un'immagine qualitativamente buona con una dose di raggi X uguale o inferiore, a velocità più elevate e con una risoluzione più elevata. 

Dal punto di vista delle prestazioni, i rivelatori IGZO sono i secondi migliori rispetto ai rivelatori CMOS, ma il loro prezzo previsto, specialmente nei formati di più grandi, li mette in una posizione promettente.